Contenuti originali

Monografie in Accesso Aperto: panoramica I

Scritto da Giovanni Salucci

INTRODUZIONE

Come detto in precedenza, per studiare il settore delle monografie in Open Access abbiamo iniziato ad applicare la griglia di osservazione da noi ideata a una prima selezione di editori, presenti in DOAB o sui Social, che emergono  per rilevanza, numero di volumi in OA o ampiezza di catalogo.

In questo articolo, presenteremo una prima analisi effettuata su: Amsterdam University Press, Academic Studies Press , ANU Press, Athabasca University Press, Brill, Cambridge University Press, De Gruyter, Éditions Quae, Edizioni Ca’ Foscari, Franco Angeli, Language Science Press, Ledizioni, Leuven University Press, Lever Press, Open Book Publishers, Open Humanities press, Palgrave McMillan, Presses universitaires de Caen, Punctum books, Scandinavian University Press, Share press, SpringerOpen, Taylor and Francis, The MIT Press, Ubiquity Press, University of California Press, Verlag der Österreichischen Akademie der, Wissenschaften, Wiley.

Volume intero o pubblicazione in parti

Il primo fattore preso in considerazione nella nostra analisi è come si pongono gli editori rispetto al rilascio in Acesso Aperto del contenuto delle pubblicazioni. Quasi tutti gli editori, e per quasi tutte le pubblicazioni, prevedono una edizione cartacea a pagamento; le differenze di posizionamento appaiono marcate nella gestione del digitale, e quindi proprio rispetto al catalogo Open Access.

Ricordiamo infatti che nella definizione stessa di Open Access è previsto di mettere a disposizione di chiunque, gratuitamente e senza barriere di accesso, almeno una versione digitale della pubblicazione scientifica, indicando le licenze di utilizzo.

Nella nostra indagine, come primo elemento, abbiamo trovato che molti editori pubblicano in OA esclusivamente l’intera opera, anche se si tratta di opera collettanea o curatela (Amsterdam UP, Open Humanities press, Franco Angeli, Leuven University Press, Éditions Quae); alcuni editori, d’altra parte, prevedono di norma  l’accesso solo alle singole parti e ai capitoli (De Gruyter, Springer Open, Palgrave, Wiley) in quanto hanno un modello economico per cui gli ebook (pdf, epub, ecc..) dell’intera opera sono in vendita.

Numerosi editori, infine, mettono a disposizione sia l’intero volume che le parti che lo costituiscono (Open Book Publishers, The MIT Press, Ubiquity Press, Scandinavian University Press, Language Science Press, Academic Studies Press) anche se magari questa scelta non sempre è costante per tutto il proprio catalogo in accesso aperto.

 Sito internet del catalogo e policy

Analizzando la presenza internet degli editori che pubblicano in Open Access si resta colpiti sotto diversi aspetti. Da una parte esistono editori “nativi Open Access”  (ad esempio Lever Press, Edizioni Ca’ Foscari, Open Book Publishers, Open Humanities press, Ubiquity press) e quindi l’intero sito internet è orientato a distribuire i prodotti in Open Access e le policy di pubblicazione e di diffusione sono in bella evidenza; d’altro lato gli editori che pubblicano solo in parte ad accesso aperto, tendono a proporsi secondo altre due differenti modalità: alcuni predispongono una parte del sito (o addirittura un sito dedicato) all’accesso aperto (De Gruyter, Springer, Taylor and Francis); altri invece (Oxford University Press)  addirittura “nascondono” l’esistenza dei volumi ad accesso aperto, magari rimandando con link a DOAB o ad altri aggregatori / librerie digitali senza valorizzare questa modalità distributiva.

Abbiamo inoltre verificato se sui siti internet degli editori siano presenti chiare norme e indicazioni circa il processo di referaggio e se sia necessario da parte degli autori di provvedere al pagamento di tariffe Book Charge Payment come contributo alla pubblicazione in Accesso aperto; possiamo dire che in generale queste informazioni sono ben organizzate e presenti sui siti internet degli editori più piccoli, mentre per gli editori più strutturati troviamo tante dichiarazioni generiche e contenuti descrittivi sui vantaggi di pubblicare in Accesso Aperto, ma nessuna cifra esposta: si rimanda sempre ad un contatto con la redazione. Evidentemente in questi casi pubblicare volumi in Open Access rappresenta ancora una eccezione da gestire caso per caso, se non una modalità addirittura da scoraggiare. Si consideri che gli stessi editori, infatti, si comportano in modo molto differente per le Riviste che pubblicano: sui siti delle Riviste infatti espongono ben in evidenza eventuali tariffe APC, insieme a template, moduli di richieste, codici etici fino alla rappresentazione del workflow utilizzato per l’intero processo, con estrema chiarezza e trasparenza addirittura sui tempi dalla submission alla pubblicazione.

PDF

Che venga messa a disposizione ad accesso aperto l’intera opera, oppure la sequenza dei capitoli o parti che la costituiscono, tutti gli editori mettono a disposizione almeno il file in formato PDF.

Ci è sembrato quindi naturale iniziare l’osservazione dello stato della situazione analizzando la qualità dei file PDF messi a disposizione per il download. Come noto, verificare in che modo  sia stato realizzato il PDF può dare delle indicazioni importanti sulla filiera di produzione dell’editore.

In particolare, abbiamo analizzato i metadati presenti nei vari file PDF: alcuni sono generati in automatico dal software (o applicazione) che crea il PDF, altri sono eventualmente inseriti appositamente in fase di creazione del file stesso.  La situazione, come da immaginarsi, è molto differenziata sia da editore ad editore che in molti casi all’interno del catalogo dello stesso editore.

Si trovano infatti PDF generati da programmi di impaginazione (Indesign e XPress), da software di videoscrittura (MS Word, OpenOffice, LateX) e PDF generati da software, plugin e piattaforme di conversione (Acrobat, ArborText, iText, PDFLib…) La situazione quindi è molto diversa da caso a caso; i PDF realizzati differiscono largamente per qualità editoriale; in molti casi sono fatti con cura, arricchiti di link attivi, segnalibri e metadati aggiuntivi.

Curioso notare come a volte il PDF predisposto per lo scaricamento a livello di capitolo non corrisponda alle corrispondenti pagine estratte dall’intero PDF dell’opera, e questo accade a volte anche per editori che rilasciano sistematicamente ad accesso aperto sia l’intera opera che le sue parti. Taluni infatti generano il PDF dei capitoli al volo, al momento dello scaricamento, a partire dalla versione HTML e quindi il PDF messo a disposizione per i capitoli non è altro che la versione stampabile della edizione in HTML.

Altri formati digitali

Alcuni editori, oltre al PDF, mettono a disposizione ad accesso aperto anche il formato ePUB e/o XML (Open Book Publishers, MIT Press, De Gruyter, Ubiquity Press). La presenza sistematica di formati aggiuntivi al PDF, tuttavia, non basta a definire dei pattern condivisi tra editori; si registrano infatti differenze sostanziali nelle procedure e nei workflow adottati. C’è chi (come OBP) utilizza Indesign come sorgente primaria lungo la filiera, e poi applica alla fine strumenti e conversioni per ottenere i vari supporti, fino al formato XML TEI; d’altro lato c’è chi invece adotta XML come sorgente lungo tutta la filiera editoriale (Presses universitaires de Caen) utilizzando una piattaforma (Lodel) e alla fine  utilizza un plugin per importarlo in Indesign.

DOI e METADATI PER IL DOI

Praticamente tutti gli editori  assegnano il  DOI ad ogni volume, e per chi gestisce i capitoli, assegna il DOI ad ogni capitolo; l’agenzia utilizzata è prevalentemente CrossRef.

Un’analisi dei set di metadati caricati per la registrazione dei DOI però evidenzia come, nella stragrande maggioranza dei casi, i metadati inseriti per la registrazione sono solo quelli strettamente necessari alla registrazione (titolo, autore, ISBN, anno) e quasi mai completi (ad esempio ORCID o le affiliazioni degli autori). Raramente si riscontra la presenza delle referenze bibliografiche; nel caso dei DOI assegnati ai capitoli, questa tendenza è ancora più accentuata, con l’inserimento dei dati obbligatori e poco più.

METADATI

Tra gli editori presi in analisi, la gran parte utilizza delle piattaforma di generazione del catalogo che prevedono la presenza di metadati  nelle pagine delle schede opera; questa stessa cura non sempre è dedicata alla scheda del  capitolo, nella quale raramente i metadati sono numerosi e di qualità. Tra gli editori presi in esame in questo articolo alcuni sono in grado di generare e mantenere metadati di qualità (Palgrave McMillan, Taylor and Francis, Wiley, Ubiquity Press)

Gli standard più utilizzati sono Open Graph e Dublin Core;  alcuni editori adottano anche il profilo  Highwire Press (Language Science Press, Leuven University Press, Lever Press, Ubiquity Press) specifico per l’editoria accademica.

Articolo precedente Articolo successivo

Autore

Giovanni Salucci

Vive a Firenze, CEO di Progettinrete, si occupa di editoria accademica, di innovazione nei processi editoriali delle university press e di tutto ciò che riguarda la definizione dei flussi, la raccolta, gestione, archiviazione, indicizzazione, ricerca e distribuzione dell’informazione. Dal 2021 è docente di Laboratorio di editoria digitale all'Università di Firenze.