Approfondimenti

Preprint server: la nuova via dell’Open Access?

Scritto da Giovanni Salucci

Prima parte. Introduzione

La pubblicazione di articoli scientifici in Open Access è in aumento; sono recentemente stati diffusi dati riferiti al 2016 che attestano una percentuale intorno al 20%, anche se in termini di fatturato le stime più attendibili indicano un 5% del valore del mercato.

Durante la Open Access Week 2017 si è discusso di quale potrebbe essere il futuro dell’Open Access, e non sono certo mancati spunti interessanti e posizioni anche molto in contrasto fra loro.

Sinora uno degli argomenti centrali del dibattito è consistito nella presa di posizione circa le due vie per il raggiungimento dell’Open Access, la Gold Road e la Green Road; tra i promulgatori dell’OA  si trova quindi chi si schiera apertamente per l’una o per l’altra, ma ultimamente  si registra  un numero sempre crescente di posizioni che ritengono le due vie complementari ed inscindibili per la trasformazione della editoria accademica in Open Access.

Tuttavia, una delle novità che sta emergendo, e che rischia di ribaltare il tavolo della discussione, è rappresentata dalla presa di coscienza che potrebbe esserci un nuovo modello di pubblicazione, quello dei Preprint, che potrebbe stravolgere  il mercato della editoria scientifica.

I repository di preprint sono nati a partire dal 1990 (negli anni in cui le riviste erano ancora cartacee) come opportunità per gli autori  in alcuni settori  (Fisica, Matematica, ecc…) di attestare i propri articoli e diffonderli nel periodo di tempo che intercorreva tra la submission  ad una rivista e la pubblicazione; il termine trae origine proprio dal fatto che l’articolo sia reso accessibile prima della stampa.

Il fatto che la versione preprint sia ancora provvisoria (un preprint, per definizione è un articolo scientifico che ancora non sia stato sottoposto a peer review) lascia spazio al fatto che i contenuti non siano ancora a tutti gli effetti articoli scientifici;  in alcuni settori disciplinari questo non fa molta differenza, ed è prassi comune utilizzarli come referenze nelle pubblicazioni e addirittura poterne tenere conto per la progressione della carriera accademica.

Il fenomeno preprint sta crescendo a dismisura, non solo coprendo altri settori (si pensi ad esempio alla nascita di bioRxiv, il preprint server della biologia, o AgriXiv in Agricoltura) e sempre finanziati da enti no-profit,  ma anche ideati e gestiti  da  gruppi o editori commerciali. Inoltre, da un certo punto di vista, il fenomeno preprint può in parte sovrapporsi al fenomeno dei social science network, quali Academia.edu , Mendeley  oppure  SSRN (acquistato da Elsevier) che favoriscono il caricamento di materiali scientifici e preprint da parte dei ricercatori (autori).

Ma il fenomeno preprint quali problemi risolve e quali altri ne genera? E come si colloca rispetto alle due vie dell’OA? E c’è differenza tra un preprint server e un repository istituzionale? Lo vedremo nel prossimo articolo.

Per approfondire
Open Access Week 2017
Arxiv il repository di preprint di Fisica, matematica e altre scienze
bioRxiv il preprint server di biologia
preprints il preprint server di MDPI

Autore

Giovanni Salucci

Vive a Firenze, CEO di Progettinrete, si occupa di editoria accademica, di innovazione nei processi editoriali delle university press e di tutto ciò che riguarda la definizione dei flussi, la raccolta, gestione, archiviazione, indicizzazione, ricerca e distribuzione dell’informazione. Dal 2021 è docente di Laboratorio di editoria digitale all'Università di Firenze.