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La proposta di armistizio nel conflitto STM/RG

Scritto da Stefano Nanni

L’International of Scientific Technical and Medical Publishers (“STM”), tramite i propri legali, ha notificato lo scorso 15 settembre ai gestori del sito internet ResearchGate.net (“RG”) una lettera contenente una proposta articolata per porre fine alla annosa questione riguardante la pubblicazione da parte di quest’ultimo di contenuti sottoposti a vincoli di copyright appartenenti agli editori soci di STM.

I contenuti della proposta sono descritti non prima di aver dichiarato che STM vuole progredire nella costruzione ecosistema della comunicazione scientifica economicamente sostenibile e normativamente legittimo.

Da parte sua, STM ha lavorato alla costruzione dei principi di buona condotta nella distribuzione di articoli scientifici e, quindi, nella disciplina dei diritti a ciò connessi. Il documento che è frutto di questo lavoro, STM’s Voluntary Principles on Article Sharing” viene dichiarato essere il miglior strumento disponibile per contemperare le esigenze di distribuzione e accesso con i diritti di autore.

Ecco allora che la proposta di STM a RG viene articolata in 4 punti, il cui rispetto dovrebbe, in un breve periodo di tempo, rendere l’attività di RG conforme ai principi di STM.

La tecnologia disponibile renderebbe possibile in breve tempo chiarire quali contenuti ospitati da RG abbiano violato accordi di copyright, quali azioni possano essere intraprese per ristabilire la legittimità, non escludendosi che per il passato e per il futuro, la volontà dell’autore di dare maggior ampiezza alla distribuzione della propria opera possa essere attuata rimuovendo qualche vincolo nel frattempo già contrattato con gli editori. Il che, è implicito (perché non detto), dovrebbe avvenire nell’osservanza della regola non scritta “tutto ha un prezzo”.

Molto interessante, da un certo punto di vista, è il quarto ed ultimo punto della proposta di accordo.

In questo caso STM arringa affinché RG cessi immediatamente la estrazione di dati dai contenuti ospitati e la loro modifica. Tra i dati riguardo ai quali dette pratiche dovrebbero cessare, sono espressamente richiamati, sebbene per inciso, “tutti e ciascuno i metadati”.

Lo spessore della penna che ha redatto la lettera è tale da suggerire che ogni parola in essa contenuta sia utilizzato propriamente e non a caso.

E non a caso, infatti, il punto della lettera in esame chiude con la pretesa che RG cessi, per il tramite degli usi testé detti, la creazione di una propria banca dati dei contenuti.

In effetti, tra i metadati figurano quelli descrittivi che allo scopo di migliorare la ricerca della risorsa a cui si riferiscono, tendono a facilitarne la reperibilità da parte dei potenziali ricercatori.

Ma anche i metadati così detti strutturali, permettendo di descrivere le relazioni esistenti tra risorse diverse (i.e. le citazioni) assumono un significativo rilievo per l’attività del ricercatore che potrebbe, trovandola, avvalersi dell’opera e di quelle ad essa collegate.

Verrebbe dunque da osservare che gli effetti di questo ultimo punto, tra i quattro della proposta, siano quelli che maggiormente avrebbero impatto sul valore aggiunto che RG offre ai propri utenti.

Privarsi della funzionalità offerta da una originale e ricostruita metadatazione di contenuti ospitati, potrebbe per RG tradursi nel venir meno del motivo per il quale essa si è presentata ai propri utenti.

Vale in ultimo la pena di ricordare che l’argomento dovrebbe essere trattato anche in considerazione della distinzione tra diverse versioni del contenuto editoriale.

STM evidentemente rivendica a buon diritto le proprie pretese sulla versione published dei contenuti.

Ma l’adesione ai principi dell’OA già significherebbe, per l’accezione che è divenuta prevalente in forza della green road, legittimità di un diverso uso della versione submitted.

E ancora sarebbe da verificare in che posizione venga a trovarsi la versione accepted, sempre che si parli di produzione scientifica e come tale sottoposta al sistema della peer review.

E, in ultimo, andrebbe esplorata meglio la facoltà di rivendicazione della paternità e dei diritti conseguenti di utilizzo proprio sui metadati associati al documento da parte di chi li abbia originalmente creati.

Perché dimenticare che il “ciò di cui si parla” è un documento informatico che come tale, a differenza di quello hard printed, rende unico sebbene multi-essenza, l’oggetto dei vari diritti.

Per approfondire i contenuti della lettera, qui il link a Elsevier che l’ha resa pubblica.

Autore

Stefano Nanni

Avvocato, esperto in diritto commerciale e societario, ha maturato una specifica esperienza nella contrattualistica d’impresa e nelle materie di “conformità normativa” che regolano l’attività d’impresa (Privacy & Data Protection, HSE, 231). Esperto in Intellectual Property con particolare riferimento al diritto di autore, agli strumenti di disciplina contrattuale delle eventuali licenze, alla promozione del movimento “open access”.